In ufficio il nostro capo ci da la consegna di lavori urgenti a pochi minuti dalla fine del nostro orario lavorativo, con l’aspettativa di ritrovare, l’indomani mattina, il lavoro svolto sulla sua scrivania. Questo comporta portare il lavoro a casa e sacrificare la nostra serata. Inutile dire che questo ci crea disagio e fastidio. Come fare a dire al nostro capo ciò che pensiamo e sentiamo senza rischiare di indispettirlo? Il tutto gira intorno ad una parola: Assertività.
L’essere assertivo implica dire all’altro ciò che si sente e che si pensa nel rispetto di se stessi e dell’altro.
Per rendere meglio l’idea possiamo pensare all’assertività come all’equilibrio tra l’essere passivi (quindi non dire nulla o dire sempre sì) e l’essere aggressivi (cioè dire le cose in un modo spiacevole per entrambe le parti).
A volte può capitare di oscillare nel comportamento tra queste due polarità (passività/aggressività). Ritornando all’esempio del datore di lavoro pretenzioso, potrebbe capitare che la dipendente, che da anni sopporta rancorosamente questo tipo di comportamento, rischi, all’ennesima richiesta, un’esplosione rabbiosa, risultato di tutto ciò che pensa di aver sopportato ingiustamente negli anni. In questo caso passerebbe da un atteggiamento passivo (tacere) mantenuto nel tempo, ad un atteggiamento aggressivo, non meno disfunzionale del primo. Paradossalmente può essere proprio la paura di questa esplosione a farci credere di non essere capaci di dire le cose in un modo più disteso e quindi a farci protendere per un comportamento passivo.
Ma l’assertività è una competenza e in quanto tale, tutti possono imparare a svilupparla. Di seguito, alcuni stimoli su cui riflettere ed eventualmente tenere in considerazione, se si desidera apprendere uno stile comunicativo assertivo.
La base di partenza è stare in ascolto di noi, quindi, come già detto, spostare il focus della nostra attenzione dall’altro a noi stessi. Non si può prescindere dalla capacità di riconoscere ed esprimere le proprie emozioni. Questo faciliterà lo sviluppo della nostra assertività e ci aiuterà a riconoscere quando stiamo reagendo a qualcosa, quindi ci sentiamo “re-attivi” e non “attivi” (assertivi) nel rispondere all’altro.
La 1° regola è, quindi, di partire sempre da noi, parlando del nostro vissuto e non dell’altro. E’ differente dire “TU mi fai arrabbiare”, dal dire “sono arrabbiata per ciò che hai detto”. Nella seconda frase parliamo di ciò che sentiamo e non stiamo attaccando l’altro. Inoltre, è anche un modo costruttivo e non distruttivo di esprimere la rabbia senza agirla, come può accadere nello stile aggressivo.
La 2° regola è di porre l’accento sul comportamento e non sulla persona. Ad esempio, dire “Sei stupida” è diverso dal dire “penso che tu sia una persona intelligente, ma ritengo ciò che hai detto una cosa stupida”.
La 3° regola è di evitare generalizzazioni nel linguaggio, cioè non generalizzare un singolo comportamento. Nello specifico si intende non usare parole come “sempre, ogni volta, mai, di nuovo, tutti”. Ad esempio: “sei sempre lo stesso; ogni volta la stessa storia; siete tutti uguali!” Questo tipo di affermazioni lasciano intendere che non vediamo nell’altro margini di miglioramento, quindi scoraggiano il cambiamento. Inoltre le generalizzazioni sono il gancio migliore per discutere, perché l’altro si concentrerà a cercare la sola eccezione che lo scagioni dall’etichetta che gli abbiamo assegnato.
Quindi, tornando di nuovo al nostro capo pretenzioso, un modo per esprimere assertivamente ciò che pensiamo e sentiamo può essere: “Dottor Rossi, comprendo l’urgenza, ma portare il lavoro a casa per me sarebbe un problema, sono molto stanco e ho una famiglia a casa che mi aspetta. Ci tengo a preservare la mia vita privata tanto quanto a svolgere il mio lavoro al meglio delle mie possibilità. Sono certo di poter dare un maggior contributo domani dopo essermi adeguatamente riposato e, in generale, credo possa essere buono per entrambi trovare modi alternativi per la gestione delle urgenze. Lei che ne pensa?”
In questo esempio, la dipendente, parlando di sé e non dell’altro, esprime il proprio vissuto emotivo e il proprio bisogno con un atteggiamento propositivo, pur tenendo conto delle esigenze dell’altro.
Apprendere stili comunicativi assertivi, consente non solo di migliorare la propria vita relazionale, ma nel tempo diventa un atteggiamento mentale che ha una ricaduta positiva sullo sviluppo ed il consolidamento della propria autostima.
Dr.ssa Antonella Cuzzolino