Il metodo EMDR parte dal presupposto che, in ogni vissuto relativo ad un evento traumatico, l’informazione viene immagazzinata in modo disfunzionale e questo provoca un conseguente blocco del sistema innato eccitatorio/inibitorio dell’elaborazione dell’informazione.
In questo modo, le informazioni relative al trauma rimangono “intrappolate” con le stesse convinzioni e sensazioni fisiche che esistevano al momento dell‘evento. Questa informazione “congelata” rimane isolata all’interno delle reti neurali della persona, non integrandosi al sistema innato di auto guarigione; continua, quindi, a provocare forme patologiche disadattive.
L’obiettivo principale del metodo EMDR comprende la “trasmutation” di queste esperienze, immagazzinate in modo disfunzionale, in una risoluzione adattiva che favorisca la salute psichica. Durante l’EMDR il paziente può provare emozioni intense, ma al termine della seduta, la maggior parte delle persone riferisce una notevole riduzione nel livello di disturboassociato all’esperienza traumatica.
Il metodo EMDR si usa anche con i bambini nei casi di separazioni, depressioni, iperattività e disturbi attenzionali. Le sedute hanno una durata media di un’ora con cadenza settimanale. La durata del trattamento è legata al tipo di disturbo presente. Tuttavia, i risultati si ottengono in tempi brevi, con risoluzioni adattive complete.
A livello scientifico, l’efficacia della tecnica EMDR è stata dimostrata direttamente con fotografie del cervello, prima e dopo la terapia e con diversi studi e ricerche.
I ricercatori italiani, infatti, hanno scoperto che un trauma, quando viene elaborato e superato, cambia posto nel cervello. Questi sono riusciti a fotografare, osservando le attività cerebrali, un trauma ancora attivo e quello superato, individuando la sua elaborazione in una diversa area cerebrale grazie al trattamento psicoterapico EMDR. Studi come quello basato sul trattamento del trauma a San Giuliano di Puglia nel Molise a 10 anni dal terremoto, svolti dall’Associazione EMDR Italia, il CNR e l’università di Tor Vergata hanno evidenziato, appunto, come avvenga la risoluzione e rielaborazione del trauma.
Isabel Fernandez, presidente di EMDR Italia, spiega: «Dopo un trauma come un lutto, una violenza, una catastrofe naturale, ma anche la perdita del lavoro, la memoria dell’evento resta “congelata” nelle reti del cervello in modo non funzionale, l’informazione non può essere elaborata e continua a provocare patologie come il disturbo post traumatico da stress (Ptsd) e altri disturbi psicologici. Noi abbiamo avuto la possibilità di misurare 10 anni dopo i sintomi cronici dello stress traumatico sui sopravvissuti al terremoto di San Giuliano, persone mai curate che avevano ancora dei disagi significativi: attacchi di panico, dissociazione, continui malesseri generali. Abbiamo avuto la possibilità di misurarlo non soltanto in termini di diagnosi, ma anche di farlo prima e dopo il trattamento e questo è stato importantissimo e un’occasione unica in campo clinico. I movimenti oculari dell’EMDR, simili a quelli del sonno Rem e quindi del tutto naturali, riattivano la capacità di “autoguarigione” del cervello che trova le risorse per metabolizzare l’evento traumatico. Dopo il lavoro i pazienti ricordano il fatto ma sentono che fa ormai parte del passato».
Ciò che rende eccezionale questa ricerca, è stato il poter studiare e osservare ciò che accade durante una psicoterapia, attraverso il monitoraggio elettroencefalografico (Eec) prima, durante e dopo una seduta di EMDR. In particolare, sono stati analizzati i segnali elettrici durante la fase “chiave” dell’EMDR, ovvero quella della stimolazione bilaterale (BilateralStimulation, Bs) con movimenti oculari, allo scopo di verificare l’affidabilità dei risultati e soprattutto studiare le differenze funzionali tra tipologie di traumi diversi e tra soggetti con traumi psicologici risalenti a periodi diversi. I risultati lasciano intuire che l’elaborazione degli eventi traumatici si sposta da aree che “sviluppano” le immagini patologiche del trauma a regioni del cervello con un ruolo di tipo cognitivo e associativo, che hanno il compito di regolare i ricordi dell’evento traumatico e di eliminare e controllare le emozioni negative a esso legato. La riduzione della sintomatologia post-traumatica ed la diminuzione, quindi, del malessere psicologico sono stati, inoltre, correlati all’aumento della connettività funzionale tra le regioni limbiche e quelle di integrazione multisensoriale.
Tale ricerca ha permesso, quindi, di evidenziare sia l’efficacia dell’EMDR e sia di mostrare come la remissione dei sintomi e la risoluzione clinica vengano confermati dai cambiamenti a livello neurobiologico.
Dr.ssa Simona Andreoli